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Etna, grazie a un drone è stata svelata la struttura superficiale delle colate di lava

14 Maggio 2018 - Local Genius

Etna, grazie a un drone è stata svelata la struttura superficiale delle colate di lava


Ricostruito il modello 3D, ad alta risoluzione, del campo lavico del 1974 sul fianco occidentale del vulcano siciliano. Ricerca condotta dall’INGV e dall’Università Blaise Pascal di Clermont Ferrand

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«Disporre di una topografia digitale il più possibile aggiornata e dettagliata dell’Etna, è un requisito essenziale per cercare di prevedere con maggior accuratezza il comportamento di pericolosi fenomeni vulcanici fra i quali le colate di lava, i flussi piroclastici e i lahars (colate di fango). Tecnologie e metodi per la realizzazione in tempi ridotti e a basso costo di accurati modelli digitali del terreno (DTM), sono descritti nello studio UAV-based remote sensing surveys of lava flow fields: a case study from Etna’s 1974 channel-fed lava flows, condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con l’Università Blaise Pascal di Clermont Ferrand e pubblicato su Bulletin of Volcanology». Lo si legge in una nota stampa ufficiale diramata da Ingv l’8 maggio 2018, e che riportiamo integralmente.

“In un vulcano attivo come l’Etna”, spiega Alessandro Fornaciai, ricercatore dell’INGV della Sezione di Pisa, “è fondamentale aggiornare con frequenza la topografia dell’edificio vulcanico. Infatti, i DTM costituiscono un ingrediente fondamentale per poter usare i modelli che cercano di prevedere, ad esempio, il percorso che seguirà una colata di lava in caso di un’eruzione effusiva. Per avere risultati attendibili è, però, necessario che i dati topografici siano accurati e costantemente aggiornati. La fotogrammetria Stucture from Motion (SfM) ha aperto nuovi scenari applicativi anche in vulcanologia, perché permette di produrre modelli digitali del terreno ad alta risoluzione, in modo rapido e con costi contenuti”. «I droni – precisa la nota stampa – costituiscono la piattaforma ideale per sfruttare al meglio le potenzialità offerte della fotogrammetria SfM. Essi, infatti, permettono di sorvolare aree di grandi dimensioni e, se equipaggiati con una macchina fotografica, come in questo caso, riescono ad acquisire una grande quantità di immagini, necessarie per la ricostruzione di un modello 3D». “In questo studio è stato usato un drone, o per meglio dire, un Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto (SAPR), a sei eliche”, afferma Luca Nannipieri, tecnologo dell’INGV e pilota del drone, “in grado di volare per circa 20 minuti. Autonomia che ha consentito di sorvolare grandi aree, in tutta sicurezza, acquisendo informazioni anche in zone di difficile accesso”. «Il modello digitale del terreno del campo lavico del 1974, ricostruito con il sistema drone-fotogrammetria SfM, è stato poi confrontato – fa presente la nota stampa – con il modello ottenuto mediante la tecnologia laser scanner da aereo Light Detection and Ranging (LiDAR)». “I due modelli non solo sono del tutto comparabili”, afferma Fornaciai, “ma con l’uso del drone e delle tecniche di SfM è stato possibile costruire un modello digitale ancora più dettagliato che ha permesso di vedere e di ricostruire strutture presenti sulla superficie della lava non individuabili con il LiDAR”. “Infine”, conclude Sonia Calvari, dirigente di Ricerca dell’INGV di Catania, “i vantaggi logistici, la rapidità di acquisizione delle foto e della ricostruzione del modello del terreno ottenuti, grazie al sistema drone e fotogrammetria SfM, offrono nuove opportunità di monitoraggio e di sorveglianza di un vulcano attivo in caso di un’eruzione”.

Fotografia pubblicata:
Vista prospettica 3D del campo lavico del 1974. In evidenza il Monte De Fiore II e alle sue spalle il Monte De Fiore I
(immagine allegata alla nota stampa)

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