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Clientele paramafiose, la salvifica azione della magistratura!

11 Maggio 2019 - Local Genius

Clientele paramafiose, la salvifica azione della magistratura!




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Proponiamo qui di seguito l’editoriale pubblicato ieri, 10 maggio 2019, da TgCal24 (www.tgcal24.it), su un tema molto attuale per il futuro della Calabria e dell’intero Mezzogiorno d’Italia:

Recentissime ed anche più remote inchieste della magistratura stanno mettendo in evidenza, con sempre maggiore incisività, dalle Alpi alla Sicilia, che un certo modo di intendere l’azione politica, nonché la gestione del potere politico intimamente connesso con evidenti forzature delle funzioni della burocrazia, sono diventati ammalati cronici. Si va dai casi di assoluta degenerazione (tangenti, associazioni a delinquere vere e proprie, corruzione, ecc.), ad altre fattispecie che solo apparentemente possono rivelarsi come più tollerabili e “normali” (clientele in primis, privilegi immeritati, prebende spartitorie, sperperi…) e che invece, analizzando i fenomeni nella loro complessità, risultano addirittura più gravi e devastanti sul piano sociale, economico, civile. Vediamo di capire perché e cerchiamo di tenere uno sguardo sempre più attento su quanto sta accadendo in Calabria e nel resto del Mezzogiorno, aree in cui il sistema clientelare è storico ed endemico.

Il cancro dell’insano rapporto tra politica e burocrazie deviate

Abbiamo già avuto modo di affermare, sui nostri giornali online e in tv, che la degenerazione del rapporto politicume-burocrazie non può che essere scardinata se non dalla salvifica azione della magistratura. La verticistica gestione feudale del potere (Sei con me o contro di me! Io ti proteggo tu ubbidisci!); la mancanza di visioni alte, sostituite da avide, miopi e dannose concentrazioni del potere di spesa e di scelta nelle mani di poche lobby fameliche; il cancro dell’insano rapporto tra politica e burocrazie deviate; la permanenza in ruoli decisionali di personaggi inadatti, tanto arroganti quanto spregiudicati; la mancanza di un rinnovamento sostanziale sono, nel complesso, il grande cancro dell’Italia, del Mezzogiorno, della Calabria. Sono l’altra faccia della medaglia della mentalità mafiosa, e tanto quanto la mafia generano disastri. O talora sono la stessa cosa, con incroci voluti e perversi. Le analisi politiche, sociologiche ed economico-sociali, peraltro, devono sì prendere spunto dalle cronache giudiziarie, ma devono anche precedere le sentenze dei Tribunali (che poi attribuiscono eventuali responsabilità ai singoli) per ragionare di sistemi e di contesti. Concentriamoci, quindi, su due temi di fondo e cruciali, che elenchiamo schematicamente: 1) Solo la magistratura è in grado, oggettivamente, di “licenziare” un sistema ormai giunto al suo livello più dissoluto e nocivo per la collettività; 2) Iniziare a ragionare, con serietà e pacatezza, su quale dovrà e potrà essere il futuro della politica ed entro quali ambiti concepire il ruolo e le funzioni della burocrazia, soprattutto se di livello alto.

Potentati assetati di danaro, di privilegi e di istinti neofeudali hanno un innegabile vantaggio competitivo su tutto il resto della popolazione che possiamo suddividere in due categorie: quelli che, quotidianamente, e con difficoltà crescenti considerata la perdurante crisi economica, tentano di sopravvivere lavorando, facendo quadrare i conti in casa o nelle proprie aziende; e gli altri che, in serio stato di disagio in quanto disoccupati, precari, deboli per qualsivoglia ragione, vivacchiano, si sono arresi o aspettano la manna dal cielo dopo vari falliti tentativi di rinascita. Entrambe queste categorie non hanno i mezzi, prima di tutto sul piano politico-organizzativo, per attaccare frontalmente e sconfiggere i suddetti potentati che gestiscono potere reale, che dispongono di grandi patrimoni finanziari e immobiliari, che utilizzano le risorse pubbliche per alimentare clientele, servilismo e corruzione, che svolgono, di professione, il lavoro dei lobbisti paramafiosi, con collaboratori, sgherri e pretoriani lautamente retribuiti dalle casse pubbliche. Perché paramafiosi? Perché le mafie, con metodi spesso diversi, ma ormai sempre più “politici” come spesso ci ricorda il Procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, in fondo svolgono la stessa furfantesca funzione sociale: si arricchiscono con metodi illeciti, occupano un territorio, quale unico principio ispiratore hanno la difesa e l’allargamento della propria sfera di influenza, sono organizzate in maniera verticistica, hanno addentellati e aderenze ovunque, sia in senso geografico sia in senso istituzionale, odiano e temono i princìpi di libera concorrenza, di meritocrazia, di competenza, di libertà democratica vera. I potentati assegnano lavori agli incompetenti o agli amici degli amici, concedono odiosi privilegi e laute consulenze, inventano occupazioni pubbliche parassitarie, favoriscono ditte colluse, governano senza preoccuparsi delle reali esigenze dei territori e del popolo, ma solo delle proprie, oltre che di un più o meno articolato gruppo di “associati”. Vassalli, valvassori e valvassini a loro volta vengono posizionati nei gangli vitali dell’amministrazione, in un rapporto di reciproco continuo sostegno nonché di trasversalismo che va al di là di ogni apparente cambiamento di gestione politica. Gli inutili giri di valzer delle maggioranze che si alternano alla guida del potere, spesso servono solo a confondere gli elettori.

Solo la magistratura ha i mezzi per distruggere il sistema malato

Ecco perché abbiamo affermato che solo la magistratura ha i mezzi e la forza per distruggere questo nefando modo di concepire la società e l’economia, e che le cosiddette “clientele” quando diventano sistema, com’è ormai purtroppo chiaro, si configurano come associazioni a delinquere di stampo paramafioso e pertanto più pericolose dei singoli casi di corruzione che comunque attengono a comportamenti dei singoli. Il sistema clientelare soffoca la società, la devia, la deforma, la disgrega, la disorienta: allontana i soggetti migliori, che magari emigrano o soffrono, e rafforza il peggio (manager incapaci, primari politicizzati e inadeguati, tecnici impreparati, nullafacenti resi benestanti, impiegati inadatti, vagabondi di ogni risma premiati con stipendi e prebende immeritati). Un danno enorme, colossale, che mortifica e offende le porzioni sane della società, che propone modelli sbagliati ai giovani, ai professionisti, alle imprese, ai burocrati, che dissipa risorse immense. Il messaggio è chiaro: sei premiato e accolto se sei colluso, se rispondi alle logiche del potentato di turno, come si fa nelle cosche. E quanto più sei accondiscendete, funzionale e piratesco (si pensi a quanti svolgono funzioni strategiche di guida e di management) tanto più vieni incentivato e protetto. Altro che corruzione! Hanno creato un sistema paramafioso che meriterebbe, addirittura, la definizione di nuove figure di reato. E come nelle cosche, ci sta la “mamma”, ci stanno i boss, ci stanno i capidecina, i soldati, i gregari… Il collante non è generato dal traffico internazionale di droga e di armi, dal controllo della prostituzione e delle scommesse illegali, dall’occultamento di rifiuti tossici, ma dalla gestione delle risorse pubbliche, da quelle comunitarie a quelle regionali, dei posti di lavoro, degli incarichi, delle promozioni, dei salti di carriera, delle consulenze, degli appalti, secondo un organigramma spartitorio ben definito. Ma i singoli potentati sono a loro volta interdipendenti e governati da una cupola? Forse. Tra le righe di alcune inchieste pare di poterlo percepire. Lo capiremo meglio in futuro.

La Resistenza ai giorni nostri

In questi giorni si è parlato di valori della Resistenza, collegandoli alla storia del nostro grande Paese. Oggi “resistenza” significa sostenere l’azione risanatrice della magistratura e trasformarla in una nuova visione della società e della politica. Diffidate di quanti si nascondo dietro false contrapposizioni manichee (destra-sinistra) che prendono spunto dalla storia. Lo fanno solo per distogliere l’attenzione e per abbindolare qualche ingenuo di turno! La politica deve rientrare nell’alveo di una nobile missione a favore del popolo, della collettività, della gente comune. La burocrazia deve essere assolutamente sganciata dal piano politico. Anzi, i due livelli devono controllarsi e verificarsi a vicenda, e non essere collusi e interdipendenti. Guardiamoci in faccia e chiudiamo con un esempio: se un qualsiasi dirigente di Regione non sufficientemente preparato e attrezzato, diventa direttore generale solo grazie alla politica e ai suoi potentati, con tutti i privilegi che ne conseguono (non solo di natura finanziaria), volete che possa remare contro chi lo ha scelto? Volete che non si pieghi ai piani di occupazione e spartizione dei suoi protettori? Alcuni di questi diventano veri e propri professionisti (in particolare al Sud dove il sistema pubblico ha rilevanza strategica) di plateali saccheggi dei fondi comunitari, di artificiose forzature delle procedure burocratiche utilizzando, alla stregua di bancomat, società in house o enti comunque finanziati con risorse pubbliche. E aumentano il loro incontrollato potere di gestione nella veste di sorveglianti sleali di graduatorie e bandi, o finanche imponendosi come registi occulti del lavoro delle aziende appaltatrici (fai lavorare questo, compra lì, rivolgiti a quello, ecc. ecc.). Pilotano tutto, anche le molliche di pane e l’aria che si respira! Un nuovo mondo tutto ancora da esplorare e nel quale, non appena la magistratura poserà con ancora maggiore attenzione i propri occhi, i cronisti avranno di che scrivere.

Non è sempre tutto nero

Per carità: non è sempre così e non è tutto così. Chissà quanti bravi dirigenti, manager e funzionari integerrimi soffrono essi stessi di questa situazione assurda e auspicano di poter agire in ben altri contesti. Abbiamo solo voluto concentrare l’attenzione sull’architrave di un sistema politico-burocratico che si apre a troppe degenerazioni perniciose. Immaginate solo lontanamente se il Procuratore della Repubblica, il Comandante dei Carabinieri o della Guardia di Finanza, il Capo dell’Agenzia dell’Entrate venissero scelti e nominati dai potentati politici! Salterebbe la democrazia, ritorneremmo al feudalesimo più violento. Accanto al coraggioso lavoro dei magistrati che sempre e comunque si muove sul solco tracciato dalla Costituzione e dai Codici, occorre che tutta la società civile cominci a ragionare di nuovi modelli politici, distruggendo quel cancro in metastasi che oggi è rappresentato del rapporto deviato fra certa politica e certa burocrazia. (Massimo Tigani Sava)

 

Immagine pubblicata: il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri

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